Nel primo trimestre 2021 la variazione congiunturale acquisita della produzione industriale è di +1,1%, dopo il -0,8% rilevato dall’Istat nel quarto. La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, resta stabile in febbraio rispetto allo stesso mese del 2020; in gennaio è diminuita del 2,3% sui dodici mesi. Gli ordini in volume aumentano in febbraio dello 0,4% su gennaio (-0,5% su febbraio 2020), quando sono cresciuti dello 0,8% sul mese precedente (+0,5% annuo).
Nei primi due mesi del 2021 l’industria italiana conferma la sua resilienza, in un contesto di crisi pandemica che nelle ultime settimane ha mostrato segnali di reviviscenza. La tenuta dell’industria, il cui peso diretto sul valore aggiunto nazionale è di circa il 19% (al netto delle costruzioni), si scontra con un settore terziario che vale oltre il 70% del PIL e che risulta ancora fortemente penalizzato dalle necessarie misure di contenimento introdotte dal Governo per limitare i contagi da Covid-19. Le più recenti statistiche confermano la netta divaricazione (che si va ampliando) tra queste due componenti del sistema economico e ciò rende probabile, in termini di PIL, il persistere di una situazione di estrema debolezza nel primo trimestre di quest’anno, dopo il -2,0% congiunturale nel quarto 2020.
Le indagini qualitative corroborano l’ipotesi di un miglioramento del contesto nell’industria, la fiducia delle imprese manifatturiere in febbraio è tornata sopra i livelli di un anno prima, quando si era all’inizio dell’emergenza sanitaria: l’indice è salito a 99,0 contro 98,1 di febbraio 2020. Il recupero della fiducia, dopo la temporanea battuta d’arresto di gennaio, è spiegato da giudizi migliori su produzione e ordini, a fronte di un più basso livello di scorte (che erano state accumulate in gennaio). Questi dati indicano che la domanda è cresciuta a un ritmo superiore rispetto a quello atteso, per cui si è avuto un decumulo delle giacenze di prodotti finiti. La componente estera, in particolare quella di beni strumentali, è il driver principale, secondo gli imprenditori. Alcune l’indagini, mostrano in febbraio analoghi risultati: il PMI manifatturiero è salito a 56,9 sui livelli di gennaio 2018; gli indici relativi a produzione e ordini sono ulteriormente migliorati, portandosi sui valori di tre anni fa. La migliore gestione della crisi sanitaria (con interventi mirati a livello settoriale e territoriale) e l’allentamento delle misure di contenimento in Italia e all’estero hanno sbloccato una domanda latente. Per farvi fronte, le imprese produttrici hanno aumentato il ritmo di acquisti di prodotti intermedi e materie prime; inoltre, dato il miglioramento delle attese e la pressione sulla capacità produttiva, anche l’occupazione ha mostrato segnali positivi (l’indice relativo è salito a 53,6, sui livelli di metà 2018). È necessario, tuttavia, evitare facili ottimismi. Su uno scenario che, ad oggi, nell’industria appare in deciso miglioramento rispetto alla fine del 2020, si proietta infatti l’incertezza legata ai rischi di una terza ondata di diffusione del virus, della quale vi sono i primi segnali nelle statistiche sanitarie. È cruciale, quindi, intervenire in maniera non generalizzata per evitare, così, di interrompere sul nascere i primi spiragli di una ripresa che è ancora debole e lontana dal consolidarsi