Il 61% degli arrivi dall’estero (173 Paesi) Pochi cinesi e russi, ma aumentano gli operatori da mercati come India, Corea e Brasile. In città 400mila presenze
La percezione che i numeri sarebbero stati superiori alle attese è stata chiara da subito, da quando martedì scorso, ben prima dell’orario di apertura, ai tornelli di Fiera Milano a Rho si erano formate code lunghissime e poliglotte. Ora il dato è ufficiale: la 60esima edizione del Salone del Mobile di Milano – la prima nel format completo dopo tre anni e due mesi di pandemia – si è chiusa con 262mila visitatori da 173 Paesi, un dato inferiore al record del 2019 (quasi 400mila presenze) ma superiore alle attese e giudicato molto positivo dagli organizzatori.
Milano si conferma capitale del design
Al di là dei numeri l’entusiasmo dei partecipanti a questa manifestazione è stato infatti palpabile per tutta la settimana: «È stato un successo internazionale ed è
grande la soddisfazione per aver superato le attese. Le presenze rappresentano un risultato eccezionale per il quale abbiamo lavorato tanto. Questa edizione ha confermato il respiro internazionale della Manifestazione e la coesione della comunità del design – commenta Maria Porro, presidente del Salone del Mobile –. Un risultato importante che
dimostra lo stato di salute e il contenuto valoriale della manifestazione, a riprova di come
la capacità di lavorare in squadra di un intero settore e del suo tessuto creativo e produttivo, possano produrre eccellenza, con grandi risultati anche nei momenti più complessi a livello internazionale».
I brand espositori sono stati 2.175, di cui il 27% esteri a cui si sommano 600 giovani Oltre metà dei 262.608 visitatori sono stati operatori di settore e buyer (il 61% provenienti dall’estero). Quasi totale la mancanza di cinesi e russi che, nel 2019, contavano più di 42mila presenze. Oltre 3.500 i giornalisti accreditati da tutto il mondo.
«Abbiamo sperimentato il grande entusiasmo di ritrovare clienti e stakeholder dopo tre anni e due mesi dalla chiusura dell’ultimo Salone – dice il presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin –. Tantissima la voglia di essere di nuovo in presenza, ma anche di tornare a fare business nella vetrina di eccellenza del nostro saper fare, in cui il pubblico qualificato è stato il vero protagonista, come dicono gli stessi imprenditori. Tanti gli ordini, apertura a nuovi mercati e consolidamento di quelli tradizionali: il Salone ha confermato di essere una formula vincente da cui non si può prescindere».
Le voci degli espositori
È quello che abbiamo sentito ripetere più spesso girando tra gli stand. Le lunghe code ci sono state, soprattutto nei primi tre giorni, ma a differenza del 2019 (l’anno record, con 2019), entrare negli stand non era una missione impossibile e c’è stato più tempo e spazio per far comprendere i prodotti e le nuove tendenze agli operatori. «Il movimento è stato superiore alle previsioni – conferma Michele Gervasoni, ceo dell’omonima azienda brianzola, parte del gruppo Idb –, con meno visitatori di tre anni fa, ma più concentrati e infatti gli ordini sono in linea con quelli del 2019».
Pochi, pochissimi, i cinesi, anche se non sono mancati i clienti importanti, che pur di esserci hanno fatto il giro del mondo e si sono rassegnati ad affrontare la lunga quarantena prevista al rientro. Lo stesso vale per i russi: meno che in passato, ma non assenti, anzi.
Questo dà il polso di quanto Milano e il suo Salone, nonostante tre anni e due mesi di assenza causa pandemia (fatta eccezione per l’edizione speciale del Supersalone lo scorso settembre) si confermino l’appuntamento internazionale imprescindibile per il mondo dell’arredo-design, in un connubio fiera-città unico al mondo.
In città 400mila presenze
Secondo il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, questa edizione della Design Week è stata «un successo al di là delle previsioni, con 400mila visitatori in una settimana». Anche i primi dati sugli oltre 800 eventi del Fuorisalone sono ottimi: Alla mostra Re-Generation organizzata dalla rivista Interni alla Statale, ad esempio, sono stati registrati circa 140mila ingressi, mentre 30mila per l’evento all’Orto Botanico. Quasi 100mila i visitatori stimati agli eventi del distretto Isola e 7mila al giorno per quelli del distretto 5Vie. La Triennale di Milano ha registrato oltre 64.500 visitatori dal 3 al 12 giugno.
Al salone lunghe code e incontri B2B
In fiera, al salone, abbiamo raccolto solo pareri positivi: «Il nostro obiettivo principale era tornare a fare la nostra fiera, guardare in faccia i clienti e stringere loro la mano – dice Albino Celato, fondatore e ceo della veneta De Castelli –. Ma abbiamo anche lavorato moltissimo, siamo tornati quasi ai livelli del 2019: mancano Cina e Russia, ma tutti gli altri clienti sono arrivati. In genere al salone noi non facciamo ordini, eppure abbiamo appena concluso un contratto importante con Dubai».
Sorpreso per le lunghe file fuori dallo stand è anche il ceo di Molteni&C, Marco Piscitelli: «Lo ammetto, ero scettico sul numero di visite che avremmo avuto, ma mi sono dovuto ricredere: non solo sono arrivati moltissimi clienti, ma inoltre non ricordo un Salone con così tanti incontri in cui si fa veramente business».
Lo stand di Giorgetti ha registrato circa 1.500 ingressi al giorno: «Più del 2019 – spiega il ceo Giovanni Del Vecchio –. Forse quest’anno li abbiamo registrati con più regolarità, ma in ogni caso è un numero importante e inoltre abbiamo lavorato in modo eccellente».
La presenza internazionale
Tanti i Paesi rappresentati, sia tra gli espositori (il 27% dall’estero), sia tra i visitatori (il 61%, da 173 Paesi), con una presenza molto più elevata rispetto al passato di Paesi come l’India, la Corea del Sud e il Brasile. Merito anche del lavoro svolto in collaborazione con l’Agenzia governativa Ice: «È evidente questo momento di ripresa – dice il presidente di Ice Carlo Ferro –. C’è una grandissima voglia di ripartire, soprattutto dall’Europa e Stati Uniti e una parte del mondo asiatico e il nostro impegno contribuisce a creare un evento commerciale a tutto tondo, con 600 buyer e giornalisti di tutto il mondo, che restituisce tantissimo anche alla città».
Confcommercio ha infatti stimato un indotto di 247 milioni di euro generato su Milano da questa manifestazione, ancora inferiore (del 10% circa) rispetto a quello calcolato nel 2019, ma con una presenza di circa 386mila persone, in linea con i livelli pre-pandemia.
Timori per i prossimi mesi
Tuttavia, le preoccupazioni per la situazione economica e geopolitica internazionale non mancano: «Veniamo da un 2021 straordinario e da un ottimo primo trimestre – osserva Claudio Luti, presidente della Kartell –. Abbiamo voluto investire tanto in questo Salone, con tantissimi prodotti nuovi, e siamo stati ripagati dall’affluenza e dall’interesse degli operatori, ma i prossimi mesi sono davvero un’incognita per tutti noi. Ogni mese controlliamo i costi delle materie prime e dei trasporti e la situazione è molto difficile».
A preoccupare, oltre ai costi ormai fuori controllo di energia e commodities, sono gli effetti dell’inflazione sulla domanda che, da due anni a questa parte, ha messo le ali al settore dell’arredamento e all’intera filiera del legno-arredo, che nel 2021 ha registrato un fatturato alla produzione di 49 miliardi (+14% sul 2019, dati FederlegnoArredo).
«È evidente che questa crescita non potrà continuare con questi ritmi – ammette il presidente Fla, Claudio Feltrin –. Ne ho parlato con i tanti politici di ogni schieramento che sono venuti in visita al Salone in questi giorni: se il governo non interviene per consentire alle persone di avere più soldi in mano, non andiamo da nessuna parte. Perché gli aumenti ci sono, è inutile negarlo. Servono strumenti per stimolare la domanda. Ridurre il cuneo fiscale è fondamentale, ma richiede tempo, invece si potrebbe da subito intervenire per detassare la parte di straordinario o i premi di produzione. Altrimenti temo che da settembre inizieranno a emergere le conseguenze di tutto quello che è accaduto finora». Certo, il settore ha le spalle larghe per affrontare le nubi all’orizzonte e questo dà un po’ di tranquillità alle aziende, «ma il problema resta », dice Feltrin.